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ASSOCIAZIONE  TURISTICA  PRO LOCO lucoli 

     

 
 

PAROLE COME PIETRE, PIETRE COME PAROLE - agosto 2006



L'introduzione del Presidente della Pro Loco Lucoli M. Fiorenza

La Pro Loco di Lucoli, in questo mese di agosto, ha voluto programmare quattro incontri culturali con un progetto dal titolo:
“PAROLE COME PIETRE, PIETRE COME PAROLE”.
Lo scopo di questa attività è quello di riscoprire una più profonda identità lucolana.
Collaborano a questa iniziativa la Parrocchia di San Giovanni Battista (che ci ospita) e l’Amministrazione Comunale che ringraziamo nelle persone del Parroco don Amedeo Passarello e del Sindaco di Lucoli Luciano Giannone.
Ringrazio inoltre per essersi resi disponibili ad accompagnarci con la musica per questo incontro e vi presento i due maestri: Gaetano De Benedictis al violino e Pierangelo Castellani al pianoforte.
Ed ora è con vero piacere che vado a presentarvi il prof. Leandro Ugo Japadre.
Compito che assolvo, non vi nascondo, con grande emozione, perché a lui sono legato, oltre che da grande stima, da un sentimento di profondo affetto.
Leandro Ugo Japadre, editore, scrittore e poeta e soprattutto lucolano.
Pubblica cinque testi di poesia in lingua, un romanzo dal titolo La Gibigiana, e sei raccolte di poesie in vernacolo, dal titolo: Ju brunzinu, La Massaria, Quanno te n’ice core, Le Jure, Ji Cicirenegli, e infine Ju Rennacciu, che proprio oggi viene presentato per la prima volta, seppure in una tiratura limitata; che va a completare una raccolta dialettale nel modo più pieno, con traduzioni, note e glossario.
Leandro Ugo Japadre, che dapprima usa uno pseudonimo, Arpanore del Gaudio (anagramma del suo nome), utilizza il dialetto non nel tentativo di recuperare un mezzo espressivo che volge al tramonto e neppure per un nostalgico ritorno all’età della fanciullezza, tentando di risvegliare un mondo passato;
ma con la voglia di far conoscere alle generazioni attuali il mondo dei nostri genitori, dei nostri nonni, riportando a galla una comunità, che in alcuni testi è ben individuata in quella dei pastori, e in altri comprende tutto il popolo, in ogni aspetto.
Con il dialetto ha il dono di suscitare, attraverso la sua sensorialità, immagini, suoni, luci.
Leandro ha la capacità di far parlare i suoi personaggi, e, quindi, sono i pastori che si raccontano per loro conto, con sincerità, autenticità, facendo rivivere così individui, fatti e luoghi.
A Leandro Ugo Japadre va il merito di aver salvato il dialetto lucolano e con esso il ricordo della vita di una comunità che ora non c’è più, ma che fortunatamente, da ora, non sarà neanche più dimenticata.

Abbazia di San Giovanni Battista, 6 agosto 2006
 

 

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