L'introduzione del Presidente della Pro Loco Lucoli M. Fiorenza
La Pro Loco di Lucoli, in questo mese di agosto, ha voluto
programmare quattro incontri culturali con un progetto dal titolo:
“PAROLE COME PIETRE, PIETRE COME PAROLE”.
Lo scopo di questa attività è quello di riscoprire una più profonda
identità lucolana.
Collaborano a questa iniziativa la Parrocchia di San Giovanni
Battista (che ci ospita) e l’Amministrazione Comunale che
ringraziamo nelle persone del Parroco don Amedeo Passarello e del
Sindaco di Lucoli Luciano Giannone.
Ringrazio inoltre per essersi resi disponibili ad accompagnarci con
la musica per questo incontro e vi presento i due maestri: Gaetano
De Benedictis al violino e Pierangelo Castellani al pianoforte.
Ed ora è con vero piacere che vado a presentarvi il prof. Leandro
Ugo Japadre.
Compito che assolvo, non vi nascondo, con grande emozione, perché a
lui sono legato, oltre che da grande stima, da un sentimento di
profondo affetto.
Leandro Ugo Japadre, editore, scrittore e poeta e soprattutto
lucolano.
Pubblica cinque testi di poesia in lingua, un romanzo dal titolo La
Gibigiana, e sei raccolte di poesie in vernacolo, dal titolo: Ju
brunzinu, La Massaria, Quanno te n’ice core, Le Jure, Ji Cicirenegli,
e infine Ju Rennacciu, che proprio oggi viene presentato per la
prima volta, seppure in una tiratura limitata; che va a completare
una raccolta dialettale nel modo più pieno, con traduzioni, note e
glossario.
Leandro Ugo Japadre, che dapprima usa uno pseudonimo, Arpanore del
Gaudio (anagramma del suo nome), utilizza il dialetto non nel
tentativo di recuperare un mezzo espressivo che volge al tramonto e
neppure per un nostalgico ritorno all’età della fanciullezza,
tentando di risvegliare un mondo passato;
ma con la voglia di far conoscere alle generazioni attuali il mondo
dei nostri genitori, dei nostri nonni, riportando a galla una
comunità, che in alcuni testi è ben individuata in quella dei
pastori, e in altri comprende tutto il popolo, in ogni aspetto.
Con il dialetto ha il dono di suscitare, attraverso la sua
sensorialità, immagini, suoni, luci.
Leandro ha la capacità di far parlare i suoi personaggi, e, quindi,
sono i pastori che si raccontano per loro conto, con sincerità,
autenticità, facendo rivivere così individui, fatti e luoghi.
A Leandro Ugo Japadre va il merito di aver salvato il dialetto
lucolano e con esso il ricordo della vita di una comunità che ora
non c’è più, ma che fortunatamente, da ora, non sarà neanche più
dimenticata.
Abbazia di San Giovanni Battista, 6 agosto 2006
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