Caramellai
di Roberto Soldati



Ogni abitante di Lucoli conosceva Fortunato e Serena, una anziana coppia che negli anni cinquanta arrivavano puntualissimi con il loro somaro carico di caramelle e bruscolini ad ogni festa paesana. 
Un mattino di parecchi anni fa, ad una delle tante feste c'era anche la banda. Fortunato e la moglie pensarono di mettere in bella mostra la loro merce proprio sulla piazzetta principale dove sarebbe arrivata la banda per fare colazione all'aperto con panini e vino locale.

La bancarella consisteva in due valigie, caricate ai fianchi del somaro, dentro le quali, Fortunato con un certo ingegno, vi ricavò degli scompartimenti che contenevano la merce. Bastava aprire i coperti lasciando il tutto in groppa all'asino e… hop là, i bambini avevano l'imbarazzo della scelta. 

Dentro uno scomparto vuoto, Fortunato vi teneva un ferro di cavallo come portafortuna. Siccome all'epoca non capivo niente di magia, conclusi che quell'amuleto serviva come ferro di scorta per l'asino. Tutte le caramelle erano sfuse. Fortunato le vendeva dentro dei coni di cartapaglia che faceva al momento con molta destrezza. Quella mattina gli affari andavano bene e il pomeriggio prometteva ancora meglio, ma a rovinare tutto fu il trombonista della banda che finito il panino si era messo a fumare. 
Siccome era ora di attaccare il prossimo pezzo, per un senso di civile creanza, non gettò per terra la cicca, bensì la ficcò dentro l'orecchio dell'asino.

Allora era d'uso denigrare un somaro, lo si studiava anche sui libri di scuola. 
Il dieci per cento dei racconti sul libro di testo erano dedicati alla testardaggine la stupidità e le angherie subite dal somaro. Vi si leggevano storie di asini cattivi sbolognati dai loro padroni per farne mortadella. Asini bastonati anche da morti, poichè la pelle serviva a fare tamburi. Altri ancora, bruciati vivi o morti per fame e come se questo non bastasse, tutte le ricette punitive di scuola erano a base di somaro, basti pensare alle orecchie d'asino messe in testa ai scolari più somari, appunto, il cerbero musicante che da piccolo doveva averne subite parecchie di ingiurie asinine, pensò che finalmente era arrivato il momento di vendicarsi. 

Il povero animale cominciò a correre e scalciare furiosamente, lastricando la piazza di caramelle. Tutti i bambini, io compreso, ci gettammo a capofitto per raccoglierle. Riempite le tasche, la maggior parte scapparono, solo io e qualcun'altro pensammo di restituire il malloppo al legittimo proprietario che nel frattempo si era lanciato all'inseguimento per riacciuffare l'asino. 

La moglie Serena intanto aveva intrapreso un parapiglia con i bambini per riprendere la merce agli ultirní fuggitivi. La vidi disperata. Mi fece pietà e decisi di aiutarla a raccogliere. Dopo aver nempito anche il mio cappello di caramelle, le andai incontro per restituirgliele. Ma lei, senza discriminare i ladri dagli onesti, mi assestò una poderosa pizza in faccia, proprio sull'occhio destro. Non vidi più nulla, solo un vortice di lucciole che dai margini del campo visivo andavano a confluire verso il centro come una folla che sgornita appena apre un negozio di saldi. Potevo sentire solo la voce di Fortunato e della moglie che sbraitava come un'aquila. Man mano che le lucciole si dissipavano cominciai ad intravedere Serena con la lunga gonna nera, alzata con le mani a formare un sacco, lasciando scoperta una ricamatissima sottana bianca mentre raccimolava le ultime caramelle. 

Il resto della giornata Fortunato e Serena la passarono recuperando caramelle e bruscolini casa per casa, anche con l'aiuto dei genitori e persino del musicante ormai pentito. Mia nonna mi mise uno straccio umido sull'occhio nero. Quel giorno mi sentii come un ferito di guerra forse anche un po' eroe. 


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